Capita spesso che mi si chieda a che cosa serve la cosiddetta “terapia di coppia”, esistendo ancora la visione “miracolistica” del terapeuta che ricuce gli strappi e, come per magia, riesce a far ri-innamorare moglie e marito. In realtà le cose non stanno così ed il terapeuta non è il preparatore di un magico elisir, il terapeuta, in questo caso è molto più simile ad un “elettricista” che ad un mago, serve cioè a “far luce” ad illuminare e a fare un po’ più di chiarezza nella storia coniugale, aiutando i due a prendere una decisione.
“Dottore, è il caso di iniziare un percorso di coppia com mio marito?” In terapia di coppia si va quando nella coppia si sta male, quando non si sa se sia meglio andare avanti o dividersi, quando l’incertezza sui sentimenti che proviamo per l’altro mette a dura prova la convivenza quotidiana. La terapia di coppia si può definire un successo quando riesce a sbloccare una situazione di stallo; nel bene, facendo ripartire la coppia, attraverso l’acquisizione di una nuova consapevolezza e di un nuovo modo di stare assieme; nel “male” portando cioè alla decisione di separarsi. Solo nel caso in cui non si assista ad un cambiamento nella coppia e nella consapevolezza individuale dei due si può parlare di fallimento terapeutico. Il fallimento però nella terapia di coppia è abbastanza raro, perché quasi sempre, attraverso un percorso mirato, è possibile accendere una luce che serve a fare chiarezza nel rapporto e quindi a far sì che le persone prendano una decisione. Solitamente la terapia di coppia ha tempi molto diversi dalla terapia individuale, è più breve ed ha incontri più dilatati nel tempo. La terapia di coppia può essere un’utile risorsa anche nel caso di una separazione, può servire infatti a limitare i danni per i figli e a far sì che i protagonisti si facciano un po’ meno male.